Il film “Hidden Life – La vita nascosta” del regista americano Terrence Malik, presentato a Cannes nel 2019, racconta una storia di libertà, una storia di coraggio, una storia d’amore; racconta la storia dell’obiettore di coscienza austriaco Franz Jägerstätter, nato il 20 maggio 1907 a St. Radegund, cittadina dell’Austria, situata nella diocesi di Linz. Frutto dell’amore contrastato tra Rosalia Huber, ragazza di servizio in una fattoria, e Franz Bachmeier, giovane agricoltore dalle scarse risorse economiche, viene cresciuto dalla famiglia materna che non accetta per la figlia un matrimonio di miseria. Nel 1917 Rosalia sposa Heinrich Jägerstätter, proprietario di una piccola fattoria, il quale adotta Franz che, ispirato dal nonno adottivo, si appassiona alla letteratura religiosa. All’età di vent’anni lavora in una masseria della Baviera e, successivamente, in una miniera in Siria; dopo qualche tempo, a causa della malattia del padre, rientra nella città natale dove gestisce la tenuta di famiglia e conduce una vita comune a quella di molti altri giovani della sua età: corse in moto, feste, amici e amori passionali. Nel 1935 conosce Franziska Schwaninger, figlia di contadini del vicino paese di Hochburg, ragazza attivamente partecipe alla vita parrocchiale, che sposa nel 1936, dopo soli sei mesi di fidanzamento. Il matrimonio con Franziska avvicina profondamente Franz Jägerstätter alla spiritualità, i due pregano insieme, leggono quotidianamente la Bibbia, approfondiscono la vita dei Santi e, come afferma la moglie nel libro “Franz Jägerstätter. Un contadino contro Hitler”, “si aiutano l’un l’altro nella fede”. La famiglia, ben presto, si allarga con la nascita di Rosalia (1937), Maria (1938) e Aloisia (1940), figlie adorate con le quali Franz instaura un rapporto amorevole profondo e intenso. L’avvento del nazionalsocialismo in Austria implica la chiamata al servizio militare anche per Franz Jägerstätter che, su richiesta delle autorità competenti, viene inizialmente congedado in quanto riconosciuto professionalmente insostituibile nella gestione dei terreni agricoli. Inizia per Franz un periodo difficile e tormentato, egli considera l’ideologia nazionalsocialista radicalmente incompatibile con i principi cristiani e, in coscienza, acquisisce la consapevolezza che combattere ed uccidere per consentire ad Adolf Hitler di conquistare il mondo sia un peccato gravissimo verso Dio e l’intera umanità. Tra il 1940 ed il 1943 matura la decisione di rispondere negativamente ad un’eventuale nuova chiamata alle armi, la sua scelta desta sconcerto tra i familiari e gli amici i quali tentano di orientarlo all’obbedienza verso le istituzioni e lo stesso vescovo di Linz, Joseph Calasanz Fließer, incapace di affrontare le radicali questioni etiche legate all’obiezione di coscienza, esprime il suo disappunto sostenendo che: «non è compito di un padre di famiglia stabilire se lo guerra sia giusta o meno». La moglie Franziska è l’unica a comprendere il suo tormento, la donna lo sostiene, rispetta la sua presa di coscienza e non manca mai si fargli sentire il suo amore e la sua vicinanza. Franz, prega, digiuna e continua a partecipare alla vita religiosa di St. Radegund, finché riceve l’ultimo richiamo alle armi. Il 23 febbraio 1943 è convocato presso la caserma di Enns dove, armato di determinazione e fede in Dio, si presenta, l’1 marzo, esprimendo la sua obiezione di coscienza e comunicando il rifiuto di prestare il servizio militare poiché, come egli stesso afferma: «nulla potrebbe garantire la mia anima contro i pericoli che i nazisti le farebbero correre». Immediatamente arrestato, viene condotto inizialmente nel carcere della Wehrmacht di Linz, e, successivamente, trasferito nel carcere della Wehrmacht di Berlino-Tegel. Il 6 luglio 1943 Franz Jägerstätter è processato dinnanzi al tribunale supremo del Terzo Reich per rifiuto alla leva e condannato a morte per intralcio allo sforzo militare. Il tempo trascorso in carcere è, per Franz, profondamente doloroso: pensa spesso alle amate figlie, ed ai momenti felici trascorsi con la moglie Franziska la quale, anche nel corso della sua ultima visita presso l’istituto penitenziario nel quale era detenuto, non gli fa mancare il suo supporto, il conforto, l’amore incondizionato che va oltre le parole toccando il cuore, l’anima. La fede, la bibbia, l’eucarestia lo sostengono quotidianamente, cosciente che “né il carcere, né le catene e neppure la morte possono separare un uomo dall’amore di Dio e rubargli la sua libera volontà”, il 9 agosto 1943, all’età di 36 anni, viene decapitato nel carcere di Brandeburgo, quello stesso carcere nel quale circa dieci mila portatori di handicap mentale, insieme a numerose altri individui affetti da inguaribili malattie genetiche, sono stati uccisi nel quadro del programma nazista di eutanasia designato con la sigla “Aktion T4”. Il ricordo di Franz Jägerstätter riaffiora alla memoria storica negli anni sessanta grazie agli scritti del sociologo pacifista americano Gordon Zahn, che racconta la vicenda di Franz nel libro “Il testimone solitario: vita e morte di Franz Jägerstätter”, ed alla testimonianza dell’arcivescovo Thomas D. Roberts SJ il quale, durante i lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II, in una dichiarazione scritta sulla scelta di coscienza dell’agricoltore austriaco, afferma:« martiri come Jägerstätter non devono avere mai la sensazione di essere lasciati soli». Il 7 maggio 1997, la condanna a morte contro Jägerstätter è annullata in quanto “chi come lui si oppone a un crimine non può essere un criminale”. Nello stesso anno viene ufficialmente aperto il processo per la beatificazione di Franz Jägerstätter, il contadino che disse “no” a Hitler, il quale nel giugno 2007 è stato proclamato martire dal Santo Padre Benedetto XVI ed il 26 ottobre 2007, giorno della festa nazionale austriaca, è stato beatificato nella cattedrale di Linz.
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