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La democrazia: il volto sfigurato dell’occidente/4

Nel dopoguerra, dal 1958 al 1963, si assiste in Italia ad una ripresa economica e sociale talmente sorprendente da essere definita dagli storici un “miracolo economico” che trasforma l’Italia da paese agricolo a paese industrializzato e conduce gli italiani verso la società del consumo avviando un processo di emancipazione sociale che culmina nelle lotte intergenerazionali e nelle rivendicazioni dei diritti civili del ’68: gli anni ’60 sono lo scenario del “boom economico”, i consumi crescono a dismisura e attraverso la possibilità di acquisto del bene simbolico di questa stagione, l’automobile, l’italiano scopre anche “il tempo libero”, “il tempo per la cura di se”. Sono anni di trasformazione sociale, di emancipazione femminile “con l’ingresso nel lavoro fuori casa delle donne sposate” e di “espansione della popolazione studentesca”: movimento femminile e movimento studentesco, prima della rottura, insieme daranno vita dal 1968 al 1977 alla contestazione giovanile e alla rivoluzione sessuale. La conquista, da parte degli italiani, del benessere «attraverso uno sviluppo fondato sull’individualismo spinto, sul consumismo, sulla corsa all’arricchimento personale libero da condizionamenti e da regole», fondato in definitiva sull’ “American way of life”, li conduce ad un «indebolimento del loro già scarso senso civico e della loro identificazione nelle istituzioni». Arriveranno poi i ruggenti anni ’80 che, preceduti dalle conquiste sul piano sociale e civile degli anni ’70 (abrogazione del reato di adulterio nel 1968; legge sul divorzio del dicembre 1970; riforma del diritto di famiglia nel 1975; legge sull’aborto del 1978; abrogazione del delitto d’onore nel 1981; approvazione dello Statuto dei lavoratori il 20 maggio 1970), daranno vita ad un illusorio quanto catastrofico “secondo miracolo economico” propagandato, artificiosamente, dalle Tv commerciali che proprio in quegli anni faranno la loro comparsa. Gli anni ’80 determinano per l’Italia il passaggio da paese industriale a paese post-industriale che si caratterizza per una nuova organizzazione del mondo del lavoro, che vede l’utilizzo di nuove tecnologie e per la crescita del settore dei servizi e del mondo impiegatizio: nasce “la Milano da bere”, periodo contrassegnato «dalla percezione di un benessere diffuso, dal rampantismo arrivista ostentato dai ceti sociali emergenti». La politica di deficit-spending statale che “drogò in maniera artificiale i consumi” di questo nuovo ceto medio impiegatizio, la nuova organizzazione del mondo del lavoro, l’eterogeneità delle diverse classi-sociali-medie, portò allo sfaldamento della classe operaria: “la classe operaia va in paradiso” e “Vincenzina davanti alla fabbrica il foulard non si mette più…sente ormai anche odor di pulito” cantava Enzo Jannacci. Gli anni’80 con i suoi “giovani bucati” traghetteranno l’Italia verso la fine delle ideologie e dei partiti di massa. Alla caduta del muro di Berlino seguono gli anni di tangentopoli e quindi la fine della prima repubblica. Le ideologie dei partiti di massa che si erano ispirati a quei valori della costituzione che essi stessi avevano scritto, lasciano definitivamente il posto alle nuove ideologie: l’individualismo consumistico e il “nichilismo paralizzante”. La Democrazia non è più vissuta come “potere-del-popolo”, lotta-popolare per il bene comune ma come semplice strumento-burocratico per raggiungere e vivere i propri interessi individuali: oggi una buona Democrazia è quella che “ti fa procreare, nascere e morire da solo”. La Democrazia, così come la società, è oramai “liquida”, “fluida”, “parola vuota”, svuotata di senso e significato che assume il volto del potere economico che “riduce l’uomo a cifra dell’economia e le persone a tristi consumatori inesausti”: «la nave è ormai in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta ma ciò che mangeremo domani»( Sören Kierkegaard). Si naviga a vista senza progetti di largo respiro perché quello che conta è, sul piano sociale, rivendicare i propri interessi personali e sul piano politico invece “raccogliere il consenso incollando tanti interessi settoriali” a prescindere e molte volte anche contro “una politica del bene comune”.

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