Il ‘Vangelo secondo Maria’, lungometraggio di Paolo Zucca è un’occasione mancata
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Il ‘Vangelo secondo Maria’, lungometraggio di Paolo Zucca è un’occasione mancata

Narrazione artificiosa e debole nonostante la bellezza delle immagini e le inquadrature riconducibili ad artisti come Tiziano e Raffaello. Il racconto evangelico su schermo, una rilettura della figura di Maria come donna desiderosa di emancipazione e libertà, non convince 
Vangelo secondo Maria

Il vero peccato è l’ignoranza”. ‘Vangelo secondo Maria’ di Paolo Zucca, tratto dall’omonimo romanzo di Barbara Alberti del 1979, segue le vicende della protagonista Maria (Benedetta Porcaroli) che sogna di partire per l’Egitto. La donna incontrerà Giuseppe (Alessandro Gassmann), un uomo saggio e maturo che gli insegnerà come difendersi in vista della partenza. Nascerà così un rapporto allievo-maestro, che sfocerà in una sincera storia d’ amore. Ma il piano che Dio ha in servo per loro cambierà per sempre il destino dei personaggi.


Nel finale vediamo Maria recarsi in cima ad una rupe, chiedendo a Dio di rispondere ai suoi dubbi. Ma Dio non risponde e la donna, che per ribellarsi si getta dalla rupe, viene prontamente salvata da Giuseppe. La conoscenza e l’uguaglianza di genere divengono così gli elementi fondamentali per arrivare al fulcro della storia e che i protagonisti utilizzano per affrontare il destino scelto da Dio. 


Man mano che il film scorre viene però a mancare sempre più la profondità del rapporto tra i due, non scavando fino in fondo e rendendo la sceneggiatura debole e frettolosa. Dunque, nonostante la bellezza delle immagini e le numerose inquadrature riconducibili ad artisti come Tiziano e Raffaello, Vangelo secondo Maria è un’occasione mancata. La narrazione evangelica su schermo, che promette una rilettura della figura di Maria come donna desiderosa di emancipazione e libertà non convince a pieno. Il potenziale politico e narrativo non viene sfruttato e quello che resta del film è una narrazione artificiosa, ancorata troppo alla dimensione fittizia del teatro, con un conseguente estraniamento dello spettatore. Non aiuta neanche la recitazione, che vede l’acerba Porcaroli in un ruolo decisamente maturo per la sua esperienza attoriale.


Nel finale Maria va in cima ad una rupe, chiede a Dio di rispondere ai suoi dubbi ma Dio non risponde e la donna, che per ribellarsi si getta giù, viene salvata da Giuseppe. La conoscenza e l’uguaglianza di genere divengono elementi per arrivare al fulcro della storia

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