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Immagine del redattoreDomenico Pisana

Il ‘proprium’ dell’IRC di fronte all’emergenza educativa del nostro tempo.

Papa Francesco: “Oggi si vive una catastrofe educativa. E non è un'esagerazione” 


RUBRICA: Riflessioni oltre la soglia


IRC

Siamo entrati nel 2025 e l’insegnate di Religione cattolica nonostante avversità e pregiudizi da parte di gruppi da sempre contrari alla sua presenza nella scuola, continua ad esserci e ad esserci con convinzione e professionalità supportate da un sindacato, lo Snadir, che sin dalla sua nascita è stato consapevole del fatto che la scuola è il luogo della “formazione e dell’educazione” e che essa non è ‘cambiabile’ solo per effetto di una legge, di una riforma ma esige un “cambiamento mentale”, un nuovo umanesimo, una destrutturazione degli stereotipi pregiudiziali, degli “atteggiamenti pre-comprensivi” e, oserei dire, una “ricomprensione onto-etica dell’educazione” che non si può, certo, ottenere per decreto e per via parlamentare. La domanda che ritorna sempre attuale nel tempo è: Che ci sta a fare l’IRC nella scuola italiana? Quale è il suo apporto specifico nel quadro delle finalità della scuola?


Se per un attimo riflettiamo sul fatto che la scuola sta smarrendo il suo essere comunità educativa, così da indurre Papa Francesco ad affermare che “Oggi si vive una catastrofe educativa. E non è un'esagerazione” e se riflettiamo sul fatto che nella scuola ci sono tante emergenze educative (disagio giovanile, bullismo, vandalismo, rapporti disfunzionali, presenza di culture religiose diverse da quella cristiano-cattolica) e ancora se riflettiamo su tutto questo, è impossibile pensare che l’IRC non sia necessario: sarebbe davvero un controsenso considerarlo marginale. 


Proprio in un tempo di crisi di relazioni tra società, culture, popoli: “L'educazione - sostiene Papa Francesco - ci apre le porte a un futuro migliore”, ad un tempo che necessita di nuove speranze, di nuova rifondazione dei valori: in questa direzione assume, senza dubbio, un ruolo fondamentale l’insegnamento della religione cattolica. Certo, tutto questo possono e devono farlo anche le altre discipline ma il ‘proprium’ dell’IRC è quello di concorrere a formare ‘l’uomo sociale’, un uomo, cioè, che sa leggere criticamente tutte le dimensioni dell’esistenza, tra cui quella trascendente e religiosa perché possa essere aiutato ad inserirsi in modo equilibrato ed armonico nella società. 


Lo studio della religione cattolica è pertanto umanizzante perché contribuisce a formare l’uomo che entra in dialogo con tutti i problemi dell’esistenza; l’IRC è liberante perché educa ad una riflessione critica sui valori sociali e al discernimento degli autentici valori di bellezza: l’amore, il servizio, il dono, il volontariato, la solidarietà, la giustizia che sono tutti valori umani fondamentali di una società civile e tutti valori esaltati e al centro della cultura cristiano-cattolica. La conoscenza della cultura religiosa cristiana assume, dunque, rilevanza scientifica nel quadro delle finalità della scuola perché si connota come giudizio critico sulla vita e sulla storia nella sua dimensione religiosa. Alla luce di queste considerazioni, emerge con chiarezza che l’insegnamento della religione cattolica deve svilupparsi nella scuola, al di là di ogni riforma non per una sorta di privilegio concesso alla chiesa ma per un riconoscimento del suo statuto epistemologico, per la sua rilevanza socio-culturale e pedagogica e per le sue finalità educative nel quadro dell’azione scolastica nel suo complesso


Lo studio della religione cattolica è umanizzante. Contribuisce a formare l’uomo in dialogo con tutti i problemi dell’esistenza. Chi insegna religione cattolica, libera perché educa ad una riflessione critica sui valori sociali e al discernimento di amore, servizio, dono, volontariato solidarietà e giustizia

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