Le riflessioni di Monsignor Antonio Staglianò, presidente della pontificia accademia di teologia
Un cattolicesimo svuotato di cristianesimo è eresia. Ed è l’ultima che si vive nel mascheramento complessivo che mantiene inalterati segni rituali, dottrine, manifestazioni, organizzazioni, preghiere. Tutto è cattolico ma non più cristiano cioè senza l’umanità di Gesù.
Mi sono imbattuto nei giorni scorsi in un ‘pensiero’, espresso sui social, da Mons. Antonio Staglianò, presidente della Pontificia Accademia di Teologia e Vescovo Emerito della Diocesi di Noto, che mi ha portato a delle riflessioni. Scrive l’alto prelato: “Il cattolicesimo convenzionale è l’alienazione religiosa: dove si prega, ma non si opera la carità, dove s’invoca Dio e non si obbedisce al suo comandamento dell’amore, dove si chiede misericordia e non si perdona. Un “cattolicesimo svuotato di cristianesimo” è l’eresia ultima, perché non fa funzionare la salvezza cristiana nella carne degli esseri umani. L’eresia ultima si vive nel cattolicesimo convenzionale, nel mascheramento complessivo che pur mantiene inalterato il linguaggio cattolico: segni rituali, dottrine, manifestazioni, organizzazioni, preghiere. Tutto è cattolico, ma non più cristiano, cioè, senza la carne di Cristo, l’umanità di Gesù”. Antonio Staglianò offre una critica profonda e incisiva al cattolicesimo tradizionale, evidenziando una disconnessione tra la pratica religiosa e i principi fondamentali del cristianesimo. La sua analisi si concentra su alcuni punti chiave che meritano un approfondimento:
Alienazione religiosa. Staglianò inizia descrivendo il cattolicesimo convenzionale come una forma di alienazione. Qui, la religione diventa una pratica superficiale, dove gli atti di culto non si traducono in azioni concrete di carità e amore. Questo solleva interrogativi sull’autenticità della fede quando essa rimane confinata a rituali e preghiere senza un impatto reale sulla vita delle persone.
Comandamento dell’amore. La mancanza di obbedienza al comandamento dell’amore, che è centrale nel messaggio di Gesù, è un punto cruciale. Staglianò suggerisce che il vero cristianesimo richiede un impegno attivo verso gli altri, una dimensione che può mancare nel cattolicesimo convenzionale. La fede, secondo lui, deve tradursi in azioni concrete di misericordia e perdono.
Eresia ultima: L’idea di un “cattolicesimo svuotato di cristianesimo” è particolarmente potente. Staglianò descrive questa condizione come l’eresia definitiva, poiché priva la religione della sua essenza cristiana. Qui, la critica si estende non solo alla superficialità della pratica religiosa, ma anche al rischio che la fede possa diventare mera tradizione culturale, distaccata dalla vita e dalla sofferenza umana.
Rituali e dottrine: Monsignor Staglianò sottolinea che, nonostante il mantenimento di pratiche rituali e dottrinali, ciò che manca è la dimensione incarnata della fede. Il riferimento alla “carne di Cristo” e all’umanità di Gesù evidenzia l’importanza di una spiritualità che non sia solo intellettuale o rituale, ma che includa una profonda connessione con la sofferenza e le necessità degli altri.
Critica alla superficialità: Infine, la critica di Staglianò invita a riflettere sulla necessità di un rinnovamento del cattolicesimo che vada oltre la mera osservanza rituale. Propone una visione di una fede attiva, impegnata nella realtà quotidiana, capace di rispondere alle sfide sociali e umane contemporanee.
In sintesi, il pensiero di Antonio Staglianò è una provocazione a riscoprire il cuore del cristianesimo: una fede che non solo si esprime attraverso pratiche religiose, ma che si traduce in un amore attivo e concreto verso gli altri. Essa invita a un’esplorazione profonda delle proprie convinzioni e a un rinnovamento della propria esperienza spirituale.
"Staglianò riflette sul rinnovamento del cattolicesimo oltre la mera osservanza rituale e ne propone una visione attiva, impegnata nella quotidianità per rispondere alle sfide sociali e umane di oggi: una provocazione per riscoprire il vero cuore del cristianesimo.”