Quand’è che si può quindi smettere di proteggere un figlio senza percepire che lo si sta abbandonano? La presenza emotiva viene intesa, erroneamente, molte volte come un controllo da parte del genitore che si assicura del bene per il figlio. “Lo faccio per il tuo bene” può mascherare spesso un’esigenza di validazione genitoriale. Quando i figli provano a concretizzare la loro autonomia, ricordando che possono riuscire a badare a sé stessi, il mondo genitoriale si aggrappa alla giustificazione che il mondo è ora più pericoloso e così l’iperpresenza del genitore viene giustificata nella concezione della protezione. Il mondo viene rappresentato come un qualcosa di avverso, mentre la famiglia come un luogo sicuro. È qui che nasce una sorta di preoccupazione clinica perché queste famiglie così chiuse indicano e mostrano una presa in carico che sembra avere un buon sapore, una modalità nuova dell’affettività, ma che in realtà nasconde una forma più o meno forte di dipendenza affettiva.
Oggigiorno, si cede con grande facilità all’attrazione del legame claustrofilico con i figli perché c’è una modalità simbiotica, una modalità in cui tutto il mondo è la famiglia. Quindi, da una parte il mondo viene risucchiato all’interno della famiglia e dall’altra il mondo, che non è assimilabile al nucleo familiare, viene espulso. L’altro è difensivamente sentito come alieno, come straniero, come non identico o addirittura come pericoloso. Invece, questo altro è un’occasione di allenamento alla differenza. I confini nelle famiglie contemporanee vengono confusi e questo genera una difficoltà nell’assunzione di autonomia da parte dei figli che vedono minare la propria autostima e capacità di assunzione di responsabilità. E i genitori come stanno nel frattempo? Cosa rende così difficile rendere autonomo un figlio e lasciarlo andare?
La risposta può essere intuibile: se un investimento personale è unilaterale in un aspetto della vita, per ogni essere umano sarà difficile lasciar andare questo investimento. I figli, spesso unico vero progetto di vita, soprattutto per le madri, uscendo di casa lasciano spesso il vuoto nei genitori, che ritengono difficile rilanciare la propria vita senza iper investire cure e attenzioni esclusivamente sul figlio. Ma cosa ha spinto a questo iperinvestimento? Sicuramente fenomeni sociali quali il patriarcato e la differenza netta dei ruoli di genere non ha permesso nelle generazioni passate, ma anche spesso in quelle odierne, a sviluppare la propria persona su più fronti. Inoltre, provenendo da generazioni in cui si è vissuta una privazione affettiva genitoriale, ora ci si assicura di voler dare al figlio tutto il contrario, amando come mai si è sentito di essere stati amati. Si passa spesso da un eccesso di privazione ad uno di iperpresenza