Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 868/2020, si è pronunciato nel merito di una questione attinente ai concorsi per accedere all’insegnamento.
Un gruppo di insegnanti, privi di abilitazione, aveva presentato ricorso avverso il bando di concorso docenti abilitati 2018, per il reclutamento a tempo indeterminato nella scuola secondaria; tale bando era destinato a chi aveva già conseguito il titolo di abilitazione ed era inserito nelle graduatorie ad esaurimento. Il TAR aveva respinto il ricorso di questi docenti che avevano, di conseguenza, proposto appello al Consiglio di Stato sostenendo la violazione dei principi relativi all’accesso al pubblico impiego.
I giudici amministrativi d’appello hanno ribadito, nella sentenza, che il principio normativo fondamentale di accesso al pubblico impiego è quello del concorso pubblico: eventuali deroghe a tale principio sono di competenza del legislatore e devono rappresentare una eccezione. Ciò premesso, la necessità di sanare la piaga del precariato scolastico può considerarsi una legittima deroga al vincolo del concorso pubblico?
Il Consiglio di Stato ritiene di sì, e ribadisce i limiti entro i quali tali deroghe possono trovare motivazione e legittimazione: è necessario innanzitutto salvaguardare le esigenze di buon andamento dell’amministrazione e, in secondo luogo, verificare che le possibili deroghe rispondano a peculiari e straordinarie necessità di interesse pubblico.
Le norme che prevedono concorsi straordinari (o procedure straordinarie), in alternativa ai concorsi ordinari, sono quindi da ritenersi conformi alla Costituzione quando siano emanate a garanzia del buon andamento dell’amministrazione, trattandosi di rispondere a gravi ed urgenti carenze di organico e al fine del superamento di croniche situazioni di precariato (docenti già in possesso di abilitazione o già inseriti in precedenti graduatorie concorsuali).
Non si prospettano quindi problemi per il concorso straordinario scuola secondaria (su classi di concorso) in fase di attuazione in adempimento a quanto stabilito dalla legge n. 159/2019 (di conversione in legge del D.L. 126/2019).
Ma se da una parte la sentenza del Consiglio di Stato spiana la strada all’avvio dei concorsi riservati di cui sono destinatari i docenti precari della scuola secondaria (su classi di concorso), dall’altra parte evidenzia ancora di più la contraddizione della mancata previsione di un concorso riservato (o procedura straordinaria) per gli insegnanti di religione che sono in possesso di abilitazione e che sono già inseriti nella graduatoria di merito del 2004 (trasformata in graduatoria ad esaurimento dalla legge n. 159/2019 nelle more della pubblicazione del bando di concorso).
Insomma la sentenza n. 868/2020 del Consiglio di Stato fa emergere in maniera ancora più stridente che i principi di buon andamento dell’amministrazione (la necessità di coprire i posti disponibili nell’organico degli insegnanti di ruolo di religione) e le straordinarie necessità di interesse pubblico (sanare un precariato ultradecennale) sono stati disapplicati nei confronti degli insegnanti di religione.
Il concorso per gli insegnanti di religione previsto entro il 2020 (art. 1 bis legge n.159/2019) lascerà comunque fuori dalla scuola, nella condizione di docenti precari, diverse migliaia di docenti (il 30% delle cattedre censite).
Una contraddizione dalla quale non si esce, o dalla quale si potrebbe uscire (almeno in parte) con la previsione di una graduatoria ad esaurimento quale esito del prossimo concorso.
La sentenza del Consiglio di Stato ci ricorda che i precari sono coloro che prestano “in comprensibili condizioni di disagio materiale e psicologico da anni la loro opera a beneficio dell’istruzione pubblica”: in conseguenza di tale considerazione è necessario trovare anche per gli insegnanti di religione una soluzione equa e non discriminante.